
Non c'è pace per Fabiani. Da partecipante a promotore; da semplice comparsa ad organizzatore addirittura della presunta associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva. La procura della repubblica di Napoli conferma le accuse al dirigente granata. Ieri pomeriggio i pm Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci, nel corso dell'udienza preliminare relativa all'inchiesta di calciopoli, hanno modificato il capo di imputazione di Angelo Mariano Fabiani, inserendolo nella cupola del calcio italiano al cui vertice ci sarebbe stato l'ex diggì della Juventus, Luciano Moggi. Secondo l'accusa, l'attuale direttore generale della Salernitana, all'epoca dei fatti diesse del Messina, avrebbe consegnato per conto di Moggi diverse schede sim "segrete" ad arbitri coinvolti nell'inchiesta. Secondo i diretti interessati le cose stanno in maniera ben diversa. «Sono arci tranquillo - ha dichiarato a caldo Fabiani che ieri ha preferito essere al fianco della squadra tra Paestum e Salerno, lasciando ai suoi legali il compito di presenziare in aula - a quanto pare è stato cambiato il capo di imputazione per il solo fatto che sarei stato presente ad un colloquio tra Moggi e Paparesta. In buona sostanza non cambia nulla: credo, ma questa è una mia sensazione, che lo hanno fatto per una questione di territorialità». Una pausa e poi conclude. «Mi sento sereno nella maniera più assoluta». Fabiani è difeso dai legali Lucia Polizio, moglie del senatore Roberto Manzione, e dall'avvocato Mario Stagliano, del foro di Roma. Quest'ultimo prova a ricostruire l'episodio che ha portato alla modifica del capo di imputazione. «Dopo che si stava procedendo ad alcune eccezioni sulle costituzioni di parti civili, vista l'ora tarda, il gip stava per rinviare l'udienza. A quel punto si è alzato il pm Narducci, riferendo al giudice le dichiarazioni di Romeo Paparesta (padre dell'arbitro Gianluca, ndr.) riguardo le presunte schede segrete. Stando così le cose, secondo Narducci, il mio assistito non è più un semplice partecipante all'associazione, ma è un promotore. Abbiamo subito fatto le eccezioni procedurali del caso che ripeteremo alla prossima udienza, fissata il 18 marzo». Stagliano prende fiato e rincara la dose. «E' inutile dire che la cosa mi lascia abbastanza perplesso. Basti pensare che persone come Pieri, Ambrosino ed altri, sono imputati per il solo fatto che la procura sospetta che abbiano avuto schede telefoniche internazionali. Romeo Paparesta invece, che dichiara di avere avuto una scheda, non solo non è imputato ma è un semplice testimone. Non solo. Le sue dichiarazioni fanno dare addirittura una diversa qualificazione giuridica alla posizione di Fabiani». L'avvocato si dice comunque tranquillo e lascia trapelare anche controffensive all'orizzonte. «Sono convinto che questa montagna non partorirà neanche un topolino. Mi riservo di valutare attentamente le dichiarazioni rese in questo processo. Se qualcuno ha detto delle inesattezze è chiaro che lo chiameremo a rispondere in tutti i tribunali possibili al mondo. Non mi riferisco naturalmente ai piemme, ma a chi potrebbe indurre in errore i magistrati». Stagliano conclude, parlando di Fabiani. «In questo momento si sente come quello che non ha commesso assolutamente nulla ed è finito negli ingranaggi della giustizia. Siamo tutti sicuri, comunque, che da questa assurda vicenda giudiziaria ne usciremo a testa alta».
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